Ha mangiato un pugnetto di pasta e DUE, solo due pisellini, avrà mangiato a sufficienza? Non so più che fare, mangia una fava sto bambino👀!!!
Ma tu riesci a fargli assaggiare le verdure, ma come fai😶?!!
Queste sono alcune delle domande che si sentono spesso verbalizzare nei discorsi fra mamme, quante volte nell’arco della crescita dei nostri figli ci si confronta e consola, ci si dispera o si ride, su questo tema!
Abbiamo perciò deciso di chiedere dei consigli pedagogici alla Dott.ssa Accardi, ecco le sue riflessioni!
L’alimentazione è uno dei temi più complessi e delicati che preoccupa spesso i genitori.
La prima cosa da fare se un bambino a vostro avviso mangia poco o rifiuta il cibo è consultare il pediatra per verificare che la crescita sia in linea con le tabelle preposte per escludere qualsiasi causa organica o metabolica.
Il cibo è emozione e rappresenta fin della nascita uno dei mediatori principali nella nostra relazione con l’ambiente: il rapporto tra il bambino e il cibo avviene sempre dentro una relazione con chi si prende cura di lui.
Si passa dalla mamma-nutrimento, all’autoregolazione del bambino.
Partendo da questo presupposto, o punto di vista, possiamo dare un significato più ampio al concetto di alimentazione.
Una difficoltà alimentare nel bambino potrebbe essere un campanellino d’allarme, un modo di comunicarvi che emotivamente qualcosa non va. L’atteggiamento più appropriato è quello di mettersi in ascolto: cosa ci sta comunicando il nostro bambino? Osservate quale cambiamento nella sua vita, magari poco significativo per noi, può essere avvenuto e che lo abbia messo in crisi oppure riflettete sulla fase della sua vita: intorno ai 3 anni il bambino sperimenta il “no” per affermarsi e differenziarsi dalle madre o da chi lo accudisce, potrebbe perciò iniziare a sperimentare la propria autonomia anche in campo alimentare, attraverso il cibo.
È proprio all’interno dell’interazione madre-bambino durante l’allattamento, lo svezzamento e la transizione verso l’alimentazione autonoma che si colloca, infatti, l’acquisizione di abilità di auto-regolazione e di interazione.
L’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e nella sua crescita va sostenuto, dunque bisogna credere in lui e se non mangia la prima volta non perdersi d’animo e continuare ad incoraggiarlo nello sperimentare.
Durante lo svezzamento il bambino deve sperimentare il cibo che, a differenza del latte, è solido. La diversità di consistenza può sorprendere il bambino che inizialmente può non accettare il nuovo cibo: riproponetelo con pazienza, più volte, senza demoralizzarvi, permettetegli di sperimentare toccando con le mani l’alimento, questo è un modo per lui per conoscerlo.
Se il bambino non mangia o rifiuta il cibo che gli presentate o se volete far sperimentare un cibo nuovo, nel piatto mettete una piccola quantità di cibo così che il bambino non si senta frustrato di fronte alla nuova proposta. Cercate di adottare stili alimentari vari, non monotoni, stimolando non solo il gusto, ma anche la vista, l’olfatto e il tatto del bambino.
La parola chiave è avere pazienza e proporre un’alimentazione variegata, fatta di piccole porzioni, siate pronte a ricevere rifiuti, ma determinate nel continuare a stimolarli.
Create durante il pranzo un momento piacevole e conviviale per stare insieme anche con gli altri membri della famiglia e date il buon esempio!
Evitate di insistere, più insistete più il bambino potrebbe utilizzare il cibo come arma per ricattarvi o per manipolarvi.
Evitate però anche voi di ricattarlo, non è mai un atteggiamento costruttivo in particolare con il cibo.
La prima cosa da fare se un bambino a vostro avviso mangia poco o rifiuta il cibo è consultare il pediatra per verificare che la crescita sia in linea con le tabelle preposte per escludere qualsiasi causa organica o metabolica.
Il cibo è emozione e rappresenta fin della nascita uno dei mediatori principali nella nostra relazione con l’ambiente: il rapporto tra il bambino e il cibo avviene sempre dentro una relazione con chi si prende cura di lui.
Si passa dalla mamma-nutrimento, all’autoregolazione del bambino.
Partendo da questo presupposto, o punto di vista, possiamo dare un significato più ampio al concetto di alimentazione.
Una difficoltà alimentare nel bambino potrebbe essere un campanellino d’allarme, un modo di comunicarvi che emotivamente qualcosa non va. L’atteggiamento più appropriato è quello di mettersi in ascolto: cosa ci sta comunicando il nostro bambino? Osservate quale cambiamento nella sua vita, magari poco significativo per noi, può essere avvenuto e che lo abbia messo in crisi oppure riflettete sulla fase della sua vita: intorno ai 3 anni il bambino sperimenta il “no” per affermarsi e differenziarsi dalle madre o da chi lo accudisce, potrebbe perciò iniziare a sperimentare la propria autonomia anche in campo alimentare, attraverso il cibo.
È proprio all’interno dell’interazione madre-bambino durante l’allattamento, lo svezzamento e la transizione verso l’alimentazione autonoma che si colloca, infatti, l’acquisizione di abilità di auto-regolazione e di interazione.
L’adulto deve ricordare che il passaggio dal latte al cibo solido significa riconoscere che il bambino sta crescendo e nella sua crescita va sostenuto, dunque bisogna credere in lui e se non mangia la prima volta non perdersi d’animo e continuare ad incoraggiarlo nello sperimentare.
Durante lo svezzamento il bambino deve sperimentare il cibo che, a differenza del latte, è solido. La diversità di consistenza può sorprendere il bambino che inizialmente può non accettare il nuovo cibo: riproponetelo con pazienza, più volte, senza demoralizzarvi, permettetegli di sperimentare toccando con le mani l’alimento, questo è un modo per lui per conoscerlo.
Se il bambino non mangia o rifiuta il cibo che gli presentate o se volete far sperimentare un cibo nuovo, nel piatto mettete una piccola quantità di cibo così che il bambino non si senta frustrato di fronte alla nuova proposta. Cercate di adottare stili alimentari vari, non monotoni, stimolando non solo il gusto, ma anche la vista, l’olfatto e il tatto del bambino.
La parola chiave è avere pazienza e proporre un’alimentazione variegata, fatta di piccole porzioni, siate pronte a ricevere rifiuti, ma determinate nel continuare a stimolarli.
Create durante il pranzo un momento piacevole e conviviale per stare insieme anche con gli altri membri della famiglia e date il buon esempio!
Evitate di insistere, più insistete più il bambino potrebbe utilizzare il cibo come arma per ricattarvi o per manipolarvi.
Evitate però anche voi di ricattarlo, non è mai un atteggiamento costruttivo in particolare con il cibo.
Se avete domande per la Dottoressa Marcella Accardi potete contattarci su FB o sul blog con messaggio o scrivendoci a famigliatuttofare@gmail.com
Grazie alla dottoressa per i suoi preziosi consigli!
#Famigliatuttofare